RIVOLTA DEI MOTOCICLISTI
Inviato: 09 apr 2010, 17:34
8-9MAGGIO AUTODROMO DI MONZA RIVOLTA IN MOTO PER IL DEGRADO DELLE STRADE ITALIANE!!INVECE DI PERDER TEMPO CN LEGGI K CI COSTRINGONO AD ANDARE IN MOTO CORAZZATI.. E SE NN LO FACCIAMO SUPER MULTE (TANTO X CAMBIARE..) MA K SERVE SE POI TROVIAMO I CRATERI SULLE STRADE!!
Il transito di bus e mezzi pesanti, il traffico sostenuto, le piogge e il gelo, e le buche tornano, i tombini riaffiorano come scalini dal profilo della strada, si riaffacciano avvallamenti, crepe e solchi. Lo riconosce perfino il rappresentante degli asfaltatori, Carlo Giavarini, presidente Siteb, l’associazione del bitume, dell’asfalto e delle strade, un tecnico che insegna alla facoltà di ingegneria della Sapienza di Roma: “I lavori spesso sono eseguiti male; la manutenzione affidata con gare al massimo ribasso e assegnata a ditte che propongono prezzi inferiori del 50 per cento e passa rispetto ai minimi necessari. Con queste premesse e per non rimetterci, le aziende si arrangiano e se sul capitolato c’è scritto che la strada deve essere “scarificata”, cioè grattata, per 5 centimetri, ne grattano 1, così abbattono i costi di smaltimento e poi stendono meno asfalto. Tanto nessuno controlla. Inoltre le imprese risparmiano anche sulla qualità dei materiali, sulla percentuale di legante e di bitume. Per questo poi la strada non tiene, dopo 6 mesi è peggiore di prima e i lavori devono essere rifatti mille volte”.
Sulle strade italiane si muore molto più che su quelle europee
Le conseguenze sono gravissime. Soprattutto a causa della pessima qualità delle strade, nelle città italiane si muore molto più che nelle altre città europee, in particolare tra gli utenti più a rischio: motociclisti, pedoni, ciclisti, anziani. Nel 2007 i morti sono stati 2.269, ossia 6,2 al giorno, i feriti 238.718, cioè 654 al giorno, con un costo economico per la collettività di quasi 21 miliardi di euro (57 milioni al giorno). A Roma, per esempio, è una mattanza: ogni 100 mila abitanti ci sono in media 7,4 morti, 5,4 in più rispetto a Parigi, 5,8 in più rispetto a Berlino, 4,7 a Madrid, 4,4 a Londra. A Bari e Milano i dati sono quasi una fotocopia di quelli romani, però a Catania, Messina, Verona e Bologna va anche peggio.
In 3 anni, dal 2003 al 2006, la percentuale di morti sulle strade a Napoli è cresciuta di oltre l’80 per cento, a Roma del 40, a Catania di circa il 30 e a Milano più del 15. Solo in alcune città di paesi a basso tasso di sviluppo, con modesti volumi di traffico e sistemi di mobilità antiquati, come Vilnius, Riga o Lubiana, le strade sono più pericolose di quelle italiane. Tuttavia, mentre altrove in genere cercano di migliorare, in Italia si fa finta di niente e il rischio cresce.
5 mila punti critici segnalati dai cittadini
Che causa del moltiplicarsi di incidenti, morti e feriti siano soprattutto le buche e il manto stradale malmesso è opinione non solo di esperti e addetti ai lavori, ma degli stessi utenti della strada, automobilisti, motociclisti e pedoni. Degli oltre 5 mila punti critici segnalati dai cittadini e verificati uno per uno dalla Fondazione sicurezza stradale dell’Ania, l’associazione delle imprese di assicurazione, quasi 3 mila riguardano strade di città e circa 2 mila indicano buche o strade dissestate. I tratti sono stati segnalati alle autorità competenti, comuni, province, Anas, concessionari autostradali, che spesso, però, si sono girati dall’altra parte. I casi risolti con un intervento sono stati appena 160, il 3 per cento, in prevalenza sulle autostrade.
Racconta Umberto Guidoni, segretario generale della fondazione: “Le amministrazioni pubbliche e i concessionari delle strade all’inizio non ci hanno capito. Le cose sono migliorate quando abbiamo spiegato che non volevamo appioppare pagelle o bacchettare gli inadempienti, ma solo dare una mano. A quel punto molti hanno smesso di chiuderci la porta in faccia, anche se le vie non sono migliorate come d’incanto, i tempi di risposta alle segnalazioni restano insufficienti”.
Per esempio l’Anas, l’ente la cui ragione sociale è proprio la cura delle strade, per mesi si è rifiutato perfino di ricevere le segnalazioni dei punti pericolosi. Solo dopo infinite insistenze ha istituito un call center che però si limita a trascrivere il caso segnalato e ad avvertire che è stato girato all’”ufficio competente”. Intanto, mentre la gente continua a rischiare la pelle, i premi delle polizze di assicurazione fanno fatica a scendere perché il numero di sinistri resta elevatissimo e, considerato 100 il totale dei costi di gestione dell’Rc auto, quasi l’82 se ne va per i risarcimenti delle vittime.
I soldi delle multe per coprire le buche
Anche tra i comuni i tempi di intervento non sono brucianti. Mesi fa, per esempio, la Fondazione Ania ha firmato protocolli di intesa con Roma e Milano mettendo a disposizione dei due comuni 1 milione di euro per ridipingere le strisce pedonali: “Sembra impossibile, ma non riusciamo a far spendere quei quattrini” constata il segretario dell’associazione.
I comuni in base all’articolo 208 del Codice della strada per la manutenzione dovrebbero attingere dalle somme raccolte con le multe, 12 milioni di contravvenzioni nel 2008, più 7,9 per cento rispetto all’anno prima, quasi 2 miliardi di euro incassati. Ma non lo fanno perché sanno che tanto nessuno controlla. Alla Camera proprio in questi giorni i parlamentari stanno cercando di introdurre sanzioni per gli inadempienti, per esempio riducendo i trasferimenti statali alle amministrazioni che non dichiarano il numero delle multe effettuate e i relativi incassi.
“Ma occorre vigilare anche sulla qualità dei lavori” raccomanda Angelo Artale, direttore della Finco, federazione confindustriale che raggruppa i produttori di materiali e impianti per le costruzioni, strade comprese. Con una nota ai parlamentari, la Finco ha proposto l’istituzione di un servizio ispettivo stradale alle dipendenze del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti pagato dagli enti proprietari delle strade, con un contributo dell’Inail e delle imprese di assicurazione.
http://www.facebook.com/#!/event.php?ei ... 0262370718
Il transito di bus e mezzi pesanti, il traffico sostenuto, le piogge e il gelo, e le buche tornano, i tombini riaffiorano come scalini dal profilo della strada, si riaffacciano avvallamenti, crepe e solchi. Lo riconosce perfino il rappresentante degli asfaltatori, Carlo Giavarini, presidente Siteb, l’associazione del bitume, dell’asfalto e delle strade, un tecnico che insegna alla facoltà di ingegneria della Sapienza di Roma: “I lavori spesso sono eseguiti male; la manutenzione affidata con gare al massimo ribasso e assegnata a ditte che propongono prezzi inferiori del 50 per cento e passa rispetto ai minimi necessari. Con queste premesse e per non rimetterci, le aziende si arrangiano e se sul capitolato c’è scritto che la strada deve essere “scarificata”, cioè grattata, per 5 centimetri, ne grattano 1, così abbattono i costi di smaltimento e poi stendono meno asfalto. Tanto nessuno controlla. Inoltre le imprese risparmiano anche sulla qualità dei materiali, sulla percentuale di legante e di bitume. Per questo poi la strada non tiene, dopo 6 mesi è peggiore di prima e i lavori devono essere rifatti mille volte”.
Sulle strade italiane si muore molto più che su quelle europee
Le conseguenze sono gravissime. Soprattutto a causa della pessima qualità delle strade, nelle città italiane si muore molto più che nelle altre città europee, in particolare tra gli utenti più a rischio: motociclisti, pedoni, ciclisti, anziani. Nel 2007 i morti sono stati 2.269, ossia 6,2 al giorno, i feriti 238.718, cioè 654 al giorno, con un costo economico per la collettività di quasi 21 miliardi di euro (57 milioni al giorno). A Roma, per esempio, è una mattanza: ogni 100 mila abitanti ci sono in media 7,4 morti, 5,4 in più rispetto a Parigi, 5,8 in più rispetto a Berlino, 4,7 a Madrid, 4,4 a Londra. A Bari e Milano i dati sono quasi una fotocopia di quelli romani, però a Catania, Messina, Verona e Bologna va anche peggio.
In 3 anni, dal 2003 al 2006, la percentuale di morti sulle strade a Napoli è cresciuta di oltre l’80 per cento, a Roma del 40, a Catania di circa il 30 e a Milano più del 15. Solo in alcune città di paesi a basso tasso di sviluppo, con modesti volumi di traffico e sistemi di mobilità antiquati, come Vilnius, Riga o Lubiana, le strade sono più pericolose di quelle italiane. Tuttavia, mentre altrove in genere cercano di migliorare, in Italia si fa finta di niente e il rischio cresce.
5 mila punti critici segnalati dai cittadini
Che causa del moltiplicarsi di incidenti, morti e feriti siano soprattutto le buche e il manto stradale malmesso è opinione non solo di esperti e addetti ai lavori, ma degli stessi utenti della strada, automobilisti, motociclisti e pedoni. Degli oltre 5 mila punti critici segnalati dai cittadini e verificati uno per uno dalla Fondazione sicurezza stradale dell’Ania, l’associazione delle imprese di assicurazione, quasi 3 mila riguardano strade di città e circa 2 mila indicano buche o strade dissestate. I tratti sono stati segnalati alle autorità competenti, comuni, province, Anas, concessionari autostradali, che spesso, però, si sono girati dall’altra parte. I casi risolti con un intervento sono stati appena 160, il 3 per cento, in prevalenza sulle autostrade.
Racconta Umberto Guidoni, segretario generale della fondazione: “Le amministrazioni pubbliche e i concessionari delle strade all’inizio non ci hanno capito. Le cose sono migliorate quando abbiamo spiegato che non volevamo appioppare pagelle o bacchettare gli inadempienti, ma solo dare una mano. A quel punto molti hanno smesso di chiuderci la porta in faccia, anche se le vie non sono migliorate come d’incanto, i tempi di risposta alle segnalazioni restano insufficienti”.
Per esempio l’Anas, l’ente la cui ragione sociale è proprio la cura delle strade, per mesi si è rifiutato perfino di ricevere le segnalazioni dei punti pericolosi. Solo dopo infinite insistenze ha istituito un call center che però si limita a trascrivere il caso segnalato e ad avvertire che è stato girato all’”ufficio competente”. Intanto, mentre la gente continua a rischiare la pelle, i premi delle polizze di assicurazione fanno fatica a scendere perché il numero di sinistri resta elevatissimo e, considerato 100 il totale dei costi di gestione dell’Rc auto, quasi l’82 se ne va per i risarcimenti delle vittime.
I soldi delle multe per coprire le buche
Anche tra i comuni i tempi di intervento non sono brucianti. Mesi fa, per esempio, la Fondazione Ania ha firmato protocolli di intesa con Roma e Milano mettendo a disposizione dei due comuni 1 milione di euro per ridipingere le strisce pedonali: “Sembra impossibile, ma non riusciamo a far spendere quei quattrini” constata il segretario dell’associazione.
I comuni in base all’articolo 208 del Codice della strada per la manutenzione dovrebbero attingere dalle somme raccolte con le multe, 12 milioni di contravvenzioni nel 2008, più 7,9 per cento rispetto all’anno prima, quasi 2 miliardi di euro incassati. Ma non lo fanno perché sanno che tanto nessuno controlla. Alla Camera proprio in questi giorni i parlamentari stanno cercando di introdurre sanzioni per gli inadempienti, per esempio riducendo i trasferimenti statali alle amministrazioni che non dichiarano il numero delle multe effettuate e i relativi incassi.
“Ma occorre vigilare anche sulla qualità dei lavori” raccomanda Angelo Artale, direttore della Finco, federazione confindustriale che raggruppa i produttori di materiali e impianti per le costruzioni, strade comprese. Con una nota ai parlamentari, la Finco ha proposto l’istituzione di un servizio ispettivo stradale alle dipendenze del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti pagato dagli enti proprietari delle strade, con un contributo dell’Inail e delle imprese di assicurazione.
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