
L'inizio dei lavori per il nuovo stabilimento Ducati in Thailandia sta suscitando un buon numero di polemiche, sia nel mondo sindacale che in quello degli appassionati della casa di Borgo Panigale, che vedono in questa mossa una diluizione dell'identità del brand. I lavoratori sono ovviamente preoccupati per il loro impiego, ma appare improbabile che nel breve periodo la mossa possa portare ad una diminuizione dei posti nello stabilimento bolognese, dove rimarrà centralizzato il grosso della produzione. Appare però evidente che a lungo andare parte della componentistica potrà essere realizzata in Asia ed assemblata poi a Bologna, magari nel modo più quieto possibile per evitare contraccolpi d'immagine: tutto sommato stiamo parlando di moto che vengono vendute con un notevole sovrapprezzo sul mercato, puntando sull'esclusività e sull'italianità del prodotto.
Rimane però da capire l'effettivo vantaggio immediato di una tale mossa, visto che la spiegazione offerta dalla casa - la necessità di pagare meno tasse sulle moto distribuite sui mercati asiatici - non ha per ora un riscontro nei numeri di vendita: non saranno certo le tasse risparmiate sull'importazione delle 1198 e Streetfighter vendute in Cina a ripagare i costi dello stabilimento, a meno che a Bologna non prevedano di aumentare di qualche multiplo le immatricolazioni in Asia.
Nella foto: lo stabilimento Ducati di Borgo Panigale nel 1936
da Motocorse